Basket in Carrozzina: Ilaria D’Anna: La sua toccante storia, la sua vita sportiva e la sua patologia.

Ilaria d’Anna

 

Nella vita di tutti i giorni sentiamo molti ragazzi dire: Ah io non faccio Sport perchè lo trovo inutile.  Dopo invece ti ritrovi dentro un Palazzetto a seguire una partita di Basket  con ragazze e ragazzi (quindi misti) in carrozzina. E li inizi a farti mille domande: Ma come fanno? Ma cosa avranno mai questi ragazzi per stare su una carrozzina? Cosa pensano? Dove trovano tutta questa forza?. Quindi pensi, pensi e ripensi. Unica cosa chiedere ai diretti interessati. Ed eccoci qui quest’oggi con una forse delle Interviste più toccanti  che ci fanno capire che anche se sei su una  carrozzina puoi essere il campione o l’idolo di qualche ragazzo o ragazza li fuori, ma sopratutto che non bisogna mai mollare per nessuna ragione al mondo e andare avanti sempre qualsiasi sia l’ostacolo andando sempre verso il proprio sogno. Ed ecco quindi l’intervista ad Ilaria D’Anna che ci racconta quella che è la sua vita sportiva  e la sua patologia che l’ha portata a praticare lo Sport che ama su una carrozzina.

Ciao Ilaria presentati e raccontaci quella che è la tua vita.

“Mi chiamo Ilaria D’Anna e mi ritrovo per caso a giocare a basket in carrozzina dopo una vita sportiva vissuta tra atletica e basket in piedi. Infatti da ragazzina ho partecipato ai campionati nazionali di salto agli ostacoli per poi passare a quella che si è rivelata la mia più grande passione, la pallacanestro. Grazie al basket ho conosciuto l’amore della mia vita che oggi è anche il mio coach (Antonio Cugliandro) e colui che mi ha trascinata in questa avventura. Tra il 2013 ed il 2014 infatti proprio mentre giocavo a basket in serie B femminile, ho cominciato ad accusare dei forti dolori alla schiena fino al ricovero, che durò circa 2 mesi, per vedermi riscontrare dai dottori una patologia autoimmune e degenerativa chiamata  Spondilite   Anchilosante .  Come se tutto fosse già deciso  dal destino, ai tempi mio marito era già il coach di una squadra di basket in carrozzina ed io andavo spesso a vedere le sue partite e, quando cominciai a stare un po’ meglio grazie ai farmaci, lui stesso non esitò di informarsi presso la FIPIC (Federazione Italiana Pallacanestro in Carrozzina), se la mia patologia potesse essere eleggibile, per poter partecipare ufficialmente alle gare. Io ovviamente ancora ero ignara di tutto, ma conoscendomi e sapendo della mia passione per il basket e soprattutto per i benefici che mi avrebbe potuto comportare, aiutandomi a superare tante barriere mentali che mi si erano improvvisamente create dopo la scoperta della mia patologia, non aveva esitato nel volermi coinvolgere in questa nuova entusiasmante avventura. Non nascondo che inizialmente le difficoltà siano state molteplici, le persone che mi conoscevano, sapendo della mia patologia e vedendomi su Facebook in foto che mi ritraevano su una carrozzina, cominciarono preoccupati a tempestarmi di domande, anche perché non potevano sapere che per giocare a basket in carrozzina non bisogna necessariamente essere in carrozzina, ma che bisogna comunque avere una disabilità motoria agli arti inferiori per avere diritto ad una classificazione. Per non bastare, per il tipo di giocatrice che ero io a basket in piedi, ovvero tutta gambe e grinta in difesa ma con pochissimo tiro dalla distanza, ho avuto ben poco da potermi portare come bagaglio personale nel basket in carrozzina, poiché gestire proprio la carrozzina che sostituiva l’uso delle gambe era inizialmente una cosa per me impensabile. Usare le mani per spingere le ruote, afferrarne una per girare, frenare con entrambe le braccia e se avevi anche la palla in mano era un casino. Dalla mia c’era sicuramente che non mi sono mai fermata davanti a nulla e chi mi conosce lo sa benissimo, anzi più è difficile la sfida più diventa per me interessante, non mi sono mai posta limiti. Contemporaneamente più mi allenavo e più mi divertivo, mi è subito piaciuto sono sincera, forse per questo ho anche imparato un po’ più velocemente del solito, a differenza di chi ha pensato “vabbè ma lei viene dal basket”, assicuro che è assolutamente differente giocare su una carrozzina se non solo per le regole. Infatti modi di muoversi, di passare la palla, di tirare, di vedere i compagni, sono tutti differenti! Ci vuole tanta forza perché la distanza dal canestro è maggiore, figuriamoci per una donna e poi ovviamente bisogna tirare da seduti! Nel giro di pochi mesi comunque, sono riuscita a mettermi in mostra e rientrare tra le 12 convocate agli Europei di Worcester (UK) nell’Estate del 2015, dove con la nazionale siamo riuscite ad ottenere la prima storica vittoria dopo 10 anni dall’esistenza di una nazionale femminile di basket in carrozzina. Ricordo ancora come fosse ieri quella vittoria contro la Turchia, le lacrime di gioia e gli abbracci con le mie compagne, in cui io venni anche premiata come MVP (most valuable player) di quella indimenticabile e storica vittoria. Questa Estate a Settembre avremo nuovamente gli europei e saranno organizzati proprio in Italia a Lignano Sabbia d’oro, in cui spero a distanza di pochi anni, avendo maturato più esperienza sportiva e quindi crescita, di ottenere qualche vittoria in più per contribuire a scrivere nuove importanti pagine di storia nel BIC femminile. Nel frattempo ad oggi sto cercando, grazie alle mie esperienze che sto acquisendo, di aiutare proprio il movimento al femminile del BIC, cercando di avvicinare nuove giovani atlete come è successo con la mia nuova compagna di squadra Chiara Sorrenti, che da 4 mesi ormai si è unita al nostro club in cui si sta allenando con tanta voglia ed entusiasmo e che sono sicura, se continuerà così, diventerà anche lei presto un punto fermo della Nazionale Italiana Femminile. 

Ilaria D’Anna insieme al CT Della Nazionale di Basket in Carrozzina Italiana Carlo Di Giusto

 

 

 

Momentaneamente per quale squadra stai giocando oltre a far parte della Nazionale?

“Faccio parte della R.C. Basket in Carrozzina sin da quando è stata costituita e ne sono stata proclamata subito capitano e di questo ne vado fiera. Indossare la maglia ed il colore amaranto della mia città mi da sempre una carica ed una forza che mi porta a dare sempre il massimo, anche quando le mie condizioni di salute non sono al top. Dispiace di non essere ancora molto considerati dal pubblico reggino, probabilmente perché per loro è uno sport nuovo, ma noi ce la stiamo mettendo tutta per avere la considerazione che meritiamo. Ciò vale anche per gli amministratori della città che purtroppo sono troppo poco presenti e non solo “sul campo“, non venendo a sostenerci durante le partite. Per quanto riguarda la squadra, anche quest’anno stiamo conducendo un ottimo campionato e comunque vadano le cose, per tutti i problemi che abbiamo a livello societario, già portarlo a termine sarebbe una grandissima vittoria.”

 

 

 

Vuoi approfondire quella che è la tua patologia? E vuoi parlarci di questa squadra?

La mia patologia è la Spondilite Anchilosante (SPA) ed è purtroppo una patologia degenerativa, che nel mio caso ha colpito tutto l’osso sacro, comportando una sacroileite bilaterale, con conseguenti altre infiammazioni. Per questo motivo non potrò più fare sport in piedi poiché impossibilitata a correre o saltare nonostante possa deambulare anche se non per lunghi tratti. Essendo una patologia che ha colpito gli arti inferiori, la mia è stata considerata (dai dei classificatori a livello internazionale), una patologia eleggibile al basket in carrozzina. In Italia e forse nel mondo, sono stata la prima ad esser stata classificata con questa patologia. Negli ultimi anni, purtroppo, questo tipo di patologie stanno diventando sempre più diffuse soprattutto nei giovani.

Per quanto riguarda la Reggio Bic, quest’anno la squadra è stata costituita dalla società seguendo un progetto mirato ai giovani ed alla loro crescita umana e sportiva per creare delle basi solide per il futuro. La squadra, infatti, è come età media la più giovane in tutta Italia e per questo motivo ha sia i suoi pro ma anche dei contro. Le difficoltà non mancano come anche nelle società e squadre più rodate, pero’ siamo un gruppo solido e coeso, come forse mai ho vissuto nella mia vita da cestista prima in piedi e poi in carrozzina. È normale che ogni tanto ci siano dei dissidi, ma anche quelli fanno parte della crescita. Posso sembrare di parte, ma il gruppo è ottimamente gestito dal coach il quale da ogni difficoltà è riuscito a farci uscire più uniti di prima non facendoci ricadere negli stessi errori e, quindi, con un bagaglio sempre più grande da portare con noi. A noi piace definirci sempre scherzosamente uno “strong and young team”, una forte e giovane squadra e lo siamo a tutti gli effetti.

Si ringrazia Ilaria D’Anna per le parole rilasciate a noi. Concludiamo l’articolo con questa foto, con una ragazza che insegue il proprio sogno su una carrozzina e con il sorriso stampato sul volto.

 

Domenico Tripodi

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